Comunicare: non siamo commercianti, siamo medici

Comunicare: non siamo commercianti, siamo medici

Un errore comune che spesso si perpetra tra consulenti e agenzie che lavorano nella comunicazione è immaginare di essere più simili a un commerciante che ad un medico. In che senso? Proviamo a portare un esempio.

Immaginate di accusare, improvvisamente, problemi alla vista, come l’offuscamento della vista. Preoccupati, avete l’esigenza di rivolgervi a un medico specializzato. Solo il professionista potrà indicarvi, dopo la prima visita, qual è il reale problema di salute e come intervenire da un punto di vista medico per risolverlo. Non è in capo al paziente, infatti, la diagnosi: l’offuscamento potrebbe essere dovuto a cataratte tanto quanto a problemi di ipoglicemia o ipotensione, ma per quanto possa averne un’idea il paziente non andrà mai dal medico già con la malattia scritta su di un foglio.

Sentire l’esigenza di comunicare in un determinato modo è un processo che somiglia più a quello di una consulenza medica che di un acquisto (di servizi) alla bottega o dal commerciante di fiducia. Il cliente spesso arriva dal professionista della comunicazione con un bisogno, non meglio definito, di risolvere un problema o migliorare una condizione pre-esistente ma – benché ne abbia la percezione – non ha assolutamente contezza del come, dove, quando e perché.

Primo step: conoscersi

Per questo, il reparto comunicazione di Fortress Lab ha scelto di lavorare in un determinato modo, in fase di acquisizione. Il primo, fondamentale passaggio è quello della conoscenza. Conoscersi permette di iniziare a intercettare l’esigenza del cliente (o ancora aspirante tale) comprendendo il background in cui si muove. Scenario, stakeholder, target di riferimento, settore. Ascoltare è il primo passaggio per comprendere in che contesto il cliente richiede la nostra consulenza da esperti del settore.

Secondo step: comprendere l’esigenza

Ed è – diciamo – questo il momento equiparabile alla fase di diagnosi. Avere un’esigenza di migliorare la comunicazione verso terzi vuol dire sapere di dover fare qualcosa, ma nel 99 percento dei casi quel qualcosa è solo un’idea abbozzata.

Si potrebbe, ad esempio, sentire la necessità di farsi conoscere da un pubblico maggiore, ma senza sapere il come. O si vorrebbe vendere di più. O ancora si vorrebbe lavorare sulla propria presenza digitale per assumere un peso diverso verso terzi. E le stesse esigenze potrebbero avere sfumature più o meno evidenti: emulare altri casi, rivestire autorevolezza in vista di un incontro o momento particolare, attrarre potenziali investitori o intraprendere nuove operazioni.

Così come per il sintomo, in questo caso non vi è evidenza di un problema portato direttamente all’attenzione del consulente da parte del cliente. Al contrario, è il consulente a dover comprendere qual è la reale esigenza del cliente, carpirla e calarla nel contesto comunicativo di riferimento per capire, dietro la comprensibile non appartenenza al settore, cosa sta davvero chiedendo il cliente.

La Fortress ad esempio ritiene utile cristallizzare poi le esigenze così evinte. Metterle nero su bianco, anticipando il terzo step, serve a creare una premessa, condivisa con il cliente, fondante di tutte le operazioni messe in campo seguentemente.

Terzo step: suggerire una soluzione

Solo una volta che il consulente evidenzia di cosa il cliente ha davvero bisogno per migliorare lo stato di cose o per favorire il raggiungimento di un obiettivo, e verificato che su questo punto c’è totale accordo, sta al consulente spiegare quali sono gli strumenti che ritiene utile attivare ai fini del raggiungimento di un obiettivo il più possibile SMART.

Cos’è un obiettivo smart?

Specifico, misurabile, raggiungibile, rilevante e time-based (basato su tempistiche certe): queste cinque caratteristiche (che tradotte in inglese formano l’acronimo che le descrive) rendono un obiettivo SMART. Sebbene nella comunicazione alcuni indicatori rischiano di essere sempre molto fumosi, soprattutto quelli legati alla percezione del marchio, ce ne sono altri che invece sono assolutamente specifici e misurabili (ad esempio: “voglio aumentare il coinvolgimento sulla mia pagina social di 10 punti" è un obiettivo maggiormente specifico del “voglio potenziare i social", così come “voglio 100 follower in più in due mesi" è misurabile rispetto al “voglio aumentare i follower" generico).

Attivare quanto serve per perseguire l’obiettivo

Una volta stabilite le comuni esigenze e definiti gli obiettivi da perseguire, è compito del consulente suggerire come fare a raggiungerli. Ed è il momento in cui si concretizza l’offerta di servizi, attivando quanto ritenuto utile a raggiungere lo scopo.

Categories: Strategia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.